“Resiste come un divino anacronismo, come l’opera e il balletto classico”, disse una volta il regista Orson Welles a proposito del teatro, da sempre luogo di aggregazione per la comunità, di incontro e scambio di pensiero, ma anche simbolo dell’evoluzione sociale e umana.
Sebbene in passato abbiano avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della società, oggi in Italia gli spazi teatrali attraversano un periodo di profonda crisi che minaccia l’intero settore. Come evidenzia un’indagine della Siae, nel ‘98 nel nostro paese si contavano 3.477 teatri, oggi non si va oltre i duemila.
Dai costi per il recupero delle strutture abbandonate alla burocrazia
Si stima che siano 428 le strutture che negli ultimi anni sono state chiuse, abbandonate o che hanno cambiato destinazione d’uso. Una cifra emersa da un’indagine del 2008 (censimenti ufficiali non ce ne sono più stati) curata da Francesco Giambrone, il sovrintendente dell’Opera di Roma e presidente dell’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (Agis):
“Nella seconda metà dell’Ottocento tutte le città e tutti i paesi, anche piccoli, avevano un teatro. Oggi almeno 400 non ci sono più. La maggior parte di queste strutture sono nate a ridosso dell’unità d’Italia e non è banale, perché sono un patrimonio storico e hanno contribuito all’unità del paese”.
Qualcuno potrebbe pensare che a un certo punto gli italiani abbiano deciso di smettere di andare a teatro, ma gli ultimi dati disponibili smentiscono quest’ultima ipotesi. Dopo il Covid, infatti, nel 2022 si è registrato un valore quattro volte maggiore di pubblico rispetto all’anno precedente, secondo l’Istat.
Quali sono allora le ragioni che hanno portato alla chiusura dei teatri? I costi elevati per l’adeguamento alle norme e il recupero di strutture abbandonate rappresentano un fattore importante (basti pensare al caso del Teatro Comunale di San Felice sul Panaro, danneggiato dopo il sisma del 2012 e mai riaperto), a cui si aggiungono i fondi insufficienti messi a disposizione dallo Stato (per il Teatro Carlo Felice di Genova i contributi straordinari si sono ridotti da 2,5 milioni a poco più di 872mila euro in pochi anni) e una burocrazia sempre più inefficiente.
Il caso della capitale
Se il fenomeno della crisi dei teatri riguarda tutta l’Italia, è Roma la città che registra le chiusure più significative: dal Valle, gioiello architettonico del Settecento chiuso dal 2010 e in attesa di essere riaperto nel 2024, passando per l’Eliseo, teatro dove si esibirono, tra gli altri, Alberto Sordi e Anna Magnani, sbarrato nel 2020, fino al Cometa, struttura destinata ad altro uso da due anni.
Lo stesso destino è capitato al Globe Theatre di Villa Borghese, nato nel 2003 da un’idea di Gigi Proietti e sotto sequestro dal settembre 2022 a causa del crollo di una scalinata che provocò 12 feriti. Un teatro in legno di stampo shakespeariano, pensato in origine per essere una struttura da utilizzare in estate poi diventata stabile, dove romani e non amavano trascorrere le serate estive ammirando le interpretazioni dei grandi maestri, come ricorda l’attuale direttore artistico Nicola Piovani:
“Del Globe Theatre ricordo delle meravigliose serate estive romane, in mezzo a un pubblico insolito, in gran parte giovane, che si entusiasmava per i capolavori di Shakespeare. Un pubblico che sembrava scoprire lì la bellezza del teatro e ne esternava l’entusiasmo. E poi – memoria indelebile, vertiginosa – il Kean recitato da Gigi Proietti: uno dei vertici sublimi che la mia vita di spettatore teatrale mi ha regalato”.
L’abbandono del Globe Theatre
Ma quelle notti sono solo un ricordo. La struttura versa oggi in uno stato di completo abbandono: dal recinto che la delimita si possono scorgere rifiuti, animali, perdite d’acqua, erbacce, una condizione tale da far pensare a un certo punto al suo abbattimento.
Un’ipotesi che ha scatenato la reazione di tanti cittadini, che a settembre di quest’anno hanno aperto una petizione raccogliendo in dieci giorni 30mila firme, e di diversi attori legati alla città, come Carlo Verdone e Alessandro Gassmann, con quest’ultimo che ha affidato ai social il suo sfogo:
“Una capitale senza teatro perde ricchezza, e non può essere più considerata capitale. Una città abbandonata, che non si ama più. È un lungo inverno di cui non si intravede la fine. Rimarranno solo ristoranti, B&B, paninoteche e stuzzicherie. La città più bella del mondo non lo è più”.
Dal giorno del crollo della scalinata, un susseguirsi di inchieste, riunioni e incontri, che hanno coinvolto pubblici amministratori, privati e avvocati. L’ultimo poche settimane fa in Campidoglio, concluso con un nulla di fatto.
E mentre si cercava di trovare una soluzione al problema e la magistratura proseguiva le indagini per stabilire le responsabilità del crollo, a luglio di quest’anno il Comune si è mosso per salvare la stagione teatrale 2023: 300mila euro stanziati per la costruzione dell’Arena Gigi Proietti Globe Theatre, un mini-teatro provvisorio (860 posti contro i 1.206 dell’originale) installato vicino al Globe 1.
Un nuovo Globe Theatre
L’impossibilità di versare ulteriore liquidità, sta spingendo il Comune a cercare nuove strade per restituire ai romani il teatro tanto amato. Le ultime perizie hanno giudicato troppo onerosi i costi per una ristrutturazione, che comunque non garantirebbe l’accesso al necessario certificato di agibilità previsto dalla legge.
Per questo, in attesa di capire la disponibilità di eventuali risorse extra provenienti dal Pnrr, la strada più probabile al momento sembrerebbe essere la pianificazione di un nuovo teatro, con un progetto di partnership pubblico-privato che sarà presentato in Assemblea dall’assessore alla Cultura Miguel Gotor prima di Natale. A confermarlo il consigliere capitolino Stefano Erbaggi (Fdl):
“Fin dall’inizio il Comune voleva recuperare la struttura, ma dopo varie perizie è stata giudicata pericolante. Adesso si parla di una sua demolizione e ricostruzione con l’intervento di privati. L’assessore alla Cultura Miguel Gotor ha messa sul tavolo questa ipotesi ma ci deve dire come verrà fatto l’intervento nello specifico. Per noi è essenziale che venga mantenuto un interesse pubblico”. Un altro tentativo destinato a cadere nel vuoto? Non resta che attendere.