Entriamo nell’estate piena abbandonando per un po’ gli schemi e dedicandoci alla lettura di buoni libri senza tempo, classici di narrativa e poesia, quelli che magari non avevamo mai avuto il tempo di affrontare.
Entriamo nell’estate piena, il tempo in cui le ore di luce aumentate e il carico di lavoro, per molti di noi un po’ ridotto, ci aiutano a riprendere in mano le nostre giornate e a dedicarci a qualcosa che ci faccia bene. La raccomandazione è: abbandoniamo per un po’ gli schermi e dedichiamoci alla lettura di buoni libri. Non i pamphlets in vetta alle classifiche che diventano obsoleti il mese dopo, ma libri senza tempo, classici di narrativa e poesia, quelli che magari non avevamo mai avuto il tempo di affrontare. È una vera terapia di libertà, oltre che di formazione personale. Libertà dal linguaggio informatico (abbiamo riflettuto abbastanza sul fatto che informatica viene dalla crasi di informazione e automatica?) che sempre più sta plasmando il nostro modo di parlare e di pensare, che lo vogliamo o no.
Un libro recente di uno psicanalista francese descrive con un linguaggio molto semplice le nostre esperienze quotidiane, quando ci dobbiamo identificare con nomi utente e password, dimostrare di non essere dei robot, adattarci a protocolli rigidi, a codici che non lasciano nessuno spazio alla singolarità, all’unicità che ciascuno di noi è. E un linguaggio senza soggettività è pura e sterile burocrazia. Persino noi accademici siamo invitati a scrivere i nostri articoli in modo chiaro e univoco, senza giochi di parole, immagini evocative, simboli che le piattaforme digitali potrebbero non riconoscere o fraintendere! Leggiamo e restiamo umani.